Il bagno di foresta, se praticato con una certa regolarità, è in grado di portare grandi benefici all’intera funzione immunitaria. Infatti un trekking o un’escursione in un bosco corrisponde ad una pratica naturale di aromaterapia e di stimolazione sensoriale.
Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato come questa pratica possa ridurre in maniera drastica l’ansia, la depressione e la rabbia, andando ad influire direttamente sugli elementi scatenanti di queste patologie.
Negli ultimi anni la medicina è riuscita a dimostrare i meccanismi chimici e biologici che sono protagonisti degli effetti terapeutici e curativi dei bagni nella foresta, questi studi hanno portato alla conclusione che il benessere è dovuto agli olii essenziali, i fitocidi, che le piante rilasciano in maniera naturale.
Queste fragranze e profumi, in particolare modo quelli emanati dalle conifere, conosciuti come “oli essenziali legnosi”, riducono il rischio di problemi psicosociali legati allo stress.
Infatti le resine che gli alberi producono nel loro ambiente naturale, i boschi, sono per lo più costituite da terpeni. Queste sono molecole lipidiche protagoniste di moltissimi rimedi erboristici tradizionali.
Gli ambienti naturali complessi, come i boschi, costituiscono un bacino incredibile di varietà di terpeni, che in base alla loro peculiare struttura e aroma, hanno funzioni positive molto diverse sul nostro organismo.
Una giornata di cammino in un ambiente boschivo ci permette di entrare in contatto con moltissime varietà di queste sostanze naturali.
Uno dei loro punti di forza è, infatti, la grande bio disponibilità, che ci permette di assorbirli attraverso la respirazione, l’ingestione e oppure attraverso il contatto cutaneo.
L’azione combinata di queste varietà di terpeni agisce sulla pressione sanguigna, sulla diminuzione dello stress, oltre che sul meccanismo dell’ansia e della depressione, con un effetto distensivo e calmante.
Ecco perché Shinrin-yoku è prescritto, non solo per agire su stati ansiosi e depressivi, ma anche nel recupero da un intervento chirurgico o da una malattia, nel miglioramento del sonno e per l’aumento del livello di energia.
Non solo, sembrerebbe in grado anche di intervenire su uno dei “grandi nemici” dei giovani oggi, vittime dello stress e della vita frenetica, ovvero l’ADHD cioè la sindrome di iperattività e l’incapacità d concentrarsi.
Il ricercatore Jose Antonio Correia, professore di Psicologia Ambientale presso l’Università Autonoma di Madrid, spiega che:
“Con l’avvento della società moderna le città hanno iniziato a rappresentare una sicurezza contro le possibili aggressioni della natura. Ora sappiamo che questo atteggiamento è sbagliato e che possiamo parlare addirittura di disturbi da deficit di natura: aumento dell’obesità, malattie respiratorie, carenza di vitamina D, stress…
La città ci offre protezione e comfort, ma il nostro sistema nervoso non si è del tutto adattato all’ambiente urbano e sente dunque la mancanza di una stimolazione da parte dell’ambiente naturale che ha permesso la sopravvivenza della nostra specie”.
Secondo il ricercatore soffriamo di una sorta di analfabetismo riguardo alla natura e dovremmo ricominciare a vivere nel verde per sentirci meglio.
Insomma, dovremmo prendere spunto dal Giappone e cercare di trascorrere più tempo camminando in un parco o in un bosco. Possiamo lasciarci incantare dalle meraviglie della natura e recuperare la nostra memoria ancestrale e i nostri istinti primari.
Certo, non è sempre agevole raggiungere un bosco o una foresta nella quale camminare ma, come ha sottolineato lo stesso Correia, possiamo sempre adottare una soluzione alternativa facendo una passeggiata in un parco cittadino, anche questi ambienti possono avere un’azione terapeutica, perché gli elementi naturali tipici dei grandi boschi possono trovarsi anche, proporzionalmente, in un’area verde cittadina.
Concludiamo con una citazione del filosofo Henry David Thoreau:
“Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa”.
Fonte: Massimo Clementi di trekking.it Social media
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